Un incoerente e claudicante vagabondaggio in un backlog che spazia dall’alba dei tempi (Mediavox Odyssey o giù di lì) all’altroieri, con un individuo alla scoperta del retrogaming tra grandi classici che avrebbe dovuto conoscere da anni ed escrementi videoludici che sotto il fetore magari nascondono qualcosa di buono...

Tra l’irrefrenabile voglia di riempire librerie su librerie di vecchi pezzi di plastica (vade retro digital delivery, vade retro emulazione) e pellegrinaggi in polverosi mercatini dell’antiquariato in cerca del Santo Graal, o accontentandosi magari di un Tombi a 10 euro...

giovedì 8 agosto 2013

Pizza Pop! (Famicom, 1992)

ovvero: veloce, che si fredda!


Dopo Galious, ecco un altro valido titolo per Famicom che ho recuperato per puro caso, giusto perchè era tra quelli reperibili per 2 o 3 euro.
Stavolta si tratta di puro e lineare platform 2d, e, parimenti all'avventura famiconiana di Popolon (non so perchè, ma questo nome mi fa sempre lollare, lol) e Afrodite, ad anch'esso è stata negato il visto per uscire dal proprio paese d'origine (almeno in forma ufficiale).

A dire il vero non ci sarebbe moltissimo da dire riguardo a Pizza Pop!: la trama ovviamente è praticamente inesistente (bella combo di rime! veramente!), in quanto si tratta solo di guidare un ragazzo che consegna le pizze per potersi permettere un regalo per la fidanzata, e il gameplay (da buon platform in stile mariesco) è molto semplice.
Un pulsante per il salto, l'altro per l'attacco ravvicinato, dei cuoricini che rappresentano l'energia, uno scorrimento dei livelli laterale o, talvolta, verticale quando si tratta di salire su un palazzo (con dei simpaticoni che fanno rotolare giù dei barili in puro stile Donkey Kong), dei classici boss di fine livello.

Per spezzare il ritmo ci sono dei veloci bonus stage in cui bisogna raccogliere al volo delle pizze per accumulare punti (ottenendo così delle vite extra) e dei livelli in cui ci si muove a bordo di un motorino o di una moto d'acqua. In questi casi non è possibile difendersi attaccando, bensì è sufficiente schivare le decine di ostacoli che magicamente piovono dall'alto in continuazione, nonché dei tizi dall'aria di teppisti, anch'essi motorizzati, il cui tocco è sufficente a far cappottare il nostro protagonista. Con la croce direzionale è possibile aumentare l'accelerazione del mezzo in modo considerevole, ma visto che non si tratta di una gara (come erroneamente avevo pensato la prima volta che ho giocato, poichè che il suddetto teppista continuava a superarmi se andavo troppo lento) tanto vale prendersela comoda per non rischiare di sfracellarsi.

lunedì 5 agosto 2013

Majou Densetsu II: Daimashikyou Galious (Famicom, 1987)

ovvero: Metroidvania d'annata


Una volta presa la decisione di appropriarmi di un bellissimo esemplare di Famiclone, mi sono fatto qualche bella scarrozzata sui lidi della più nota baia virtuale per recuperare una prima serie di titoli, incominciando da quelli più a basso prezzo.
Mi sono appropriato così di una decina di giochi, pagati sui 2-3 euro l'uno compresa la spedizione. Metà non sono niente di che, però tra gli altri c'è qualche titolo niente male, tra cui questo Majou Densetsu II: Daimashikyou Galious (da ora in poi "Galious") che è risultato essere proprio una bella sorpresa. Avendomi colpito già dalla prima breve prova è balzato in testa alla lista ed è infine diventato il primo gioco per Famicom ad essere completato dal sottoscritto.

Come recita il sottotitolo (del post intendo, non del gioco) la struttura è grossomodo quella dei Metroidvania, con un ampio overworld labirintico ricco di nemici, ostacoli platformeggianti e zone inaccessibili finché non si è ottenuto il giusto potenziamento. Il castello funge anche da hub per i cinque dungeon, anch'essi progettati da qualche architetto sotto l'effetto di stupefacenti, ma la cui esplorazione è comunque aggevolata dalla possibilità di ottenere una mappa.
La struttura dei suddetti dungeon richiama invece la serie di Zelda, essendo presenti in ognuno alcuni oggetti predefiniti (la già citata mappa più tre strumenti per facilitare la battaglia col boss, i quali conferiscono rispettivamente: munizioni infinite, energia del cattivone dimezzata e maggiore resistenza ai suoi colpi) accostati da un'arma nuova, che si rivela spesso indispensabile, oltre che per il boss, anche per sbloccare nuove aree.
Il gioco in effetti, vista anche la bidimensionalità, può richiamare Zelda II, oppure, sempre per restare in ambito NES, una versione più claustrofobica (non essendo presenti città o luoghi all'aperto in cui si può stare tranquilli) e labirintica di The Battle of Olympus, piacevole titolo che ho giocato non molto tempo fa.

martedì 2 luglio 2013

Tv Action (Famiclone)

ovvero: dalla Cina con trashume





Oh, il fantastico mondo dei Famiclones! Centinaia di modelli diversi, una faccia tosta come quelle dei politici, quintali di plastica della peggior qualità, vere e proprie truffe atte a gabbare ingenui genitori e destinate a deludere e, perchè no, segnare per la vita, un'intera (o magari anche più di una) generazione di bambini.
Ed io mi ci getto mia sponte in questo mare... ben conscio di apprestarmi a nuotare tra meduse morte, banchi di lattine e residuati industriali, ma per il frutto della conoscenza questo ed altro...

Ok, cominciamo un po' più indietro: tutta colpa di Arino e di Game Center CX. Molti, troppi episodi riguardano giochi usciti solo per Famicom, mai giunti nelle lande europee e quindi impossibili da recuperare in modo tradizionale.

Un Famicom però (specie se con la scatola, condizione praticamente essenziale per i miei acquisti di console) non è proprio economicissimo, e al tutto bisogna sommare i problemi di incompatibilità: quello "video" (che si risolverebbe con un Famicom moddato o con l'ancora più costoso modello AV, ovvero con i due cari cavetti giallo e rosso) e quello "alimentazione" (ovvero la necessità di un adattatore per poter collegare il tutto ad una presa italica, il cui voltaggio è differente da quello in uso nella terra del sol levante).

E come riuscire a giocare con le cartucce giapponesi senza sborsare poi tanto e perdersi dietro a questioni tecniche? La grande soluzione arriva, appunto, dai Famiclones, console cloni prodotte in varie parti del mondo (dalla Cina al Brasile, dalla Russia all'Europa balcanica).
L'obiettivo principale di queste pseudo-console prodotte illegalmente è, ovviamente, quello di spennare qualche idiota incauto acquirente promettendo incredibili contenuti puntualmente inesistenti.

sabato 11 maggio 2013

Densetsu no Stafy 2 (Game Boy Advance, 2003)

ovvero: la doppia anima di una stella marina




Ecco il mio primo approccio ad una serie di platform criminalmente ignorata dai publisher occidentali. La saga di quella stella marina dai tratti marcatamente kawaii che risponde al nome di Stafy (che dalla regia mi dicono abbia trovato pure un piccolo spazio nell'ultimo Smash Bros, il che testimonia la sua popolarità nelle lande nipponiche) conta infatti di ben 5 episodi tra GBA e DS, ma solo l'ultimo è riuscito a sbarcare sui lidi occidentali (col nome di The Legendary Starfy).

Ravanando tra i venditori su ebay che trafficano in giochi giapponesi mi sono imbattuto nell'asta del secondo gioco della serie, che sono arrivato a pagare una quindicina di euro compresa la spedizione (la scatola purtroppo non è proprio in condizioni perfette, ma ho visto di peggio).

Bakayarou!
Il sottotitolo del post parla di "doppia anima" per due fondamentali motivi. Il primo riguarda il gameplay, essendo costituito da due parti, quella classica dei platform con salti, doppi salti, planate, ecc. ecc., ed una più propria dell'ambientazione del titolo, ovvero quella riguardante le sezioni subacquee.
Solitamente, tranne sporadiche eccezioni, i livelli acquatici dei platform non sono esattamente tra le parti migliori (quando non sono una vera e propria rottura), ma in Stafy non risultano affatto fastidiosi, poiché si è in grado di controllare il suddetto protagonista molto fluidamente, facendolo muovere con velocità e agilità senza alcun problema.

lunedì 22 aprile 2013

Rayman (Playstation, 1995)

ovvero: ritorno alle Origins





Molta gente che è cresciuta nel periodo d’oro dei platform 2d lo ha fatto con i grandi titoli per NES e Super NES, con i Super Mario Bros/World, i Donkey Kong Country e compagnia cantante. Il sottoscritto però all’epoca quelle console se le poteva solo sognare, dovendosi accontentare (diciamo così) della controparte portatile, il primissimo GameBoy, quello grigio, grasso e in bianco e nero in giallino e “nero”, giocando ai fratelli minori dei titoli sopracitati, quelli che quasi nessuno ricorda, appunto, perchè considerate un po’ come le versioni dei poveri: Super Mario Land (1 e 2) e Donkey Kong Land (1 e 2).

Vabbè, sto divagando ancora prima di iniziare... insomma, il mio ingresso nel magico mondo dei platform è stato per una porta di servizio, invece che per quella principale. I suddetti titoli mi hanno fatto innamorare del genere... ma l'epoca d'oro dei saltatori bidimensionali stava ormai tramontando. Le mie prime console da casa sono state quindi il Nintendo 64 e la prima Playstation, macchine su cui i platform 2d non andavano di certo per la maggiore... e la passione si è perciò via via affievolita, in primis proprio per mancanza di materie prime che potessero alimentarla.


Sorgeva invece l'epoca invece dei platform tridimensionali e, almeno quella, me la sono goduta ben di più, lasciando però per strada la controparte a due dimensioni.

Ora non è difficile osservare come il boom della scena indie dovuto alle possibilità offerte dall'ahimè poco collector friendly digital delivery, stia portando ad una parziale rinascita del genere.

Dopo qualche sporadica incursione tra i rappresentanti odierni pubblicati su XBLA, quindi, la voglia di retrogaming si è unita alla voglia di platform 2d, facendomi ritornare alle mie origini videoludiche.

giovedì 28 marzo 2013

Michigan: Report from Hell (Playstation 2, 2004)

ovvero: Cloverfield incontra Pirandello


Mi pare cosa buona e giusta iniziare proprio con un kusoge, ovvero uno shitty game, ovvero il classico jeu de merde
Ma no, vabbè, non è poi così orrendo, o meglio, sì, è senza dubbio un prodotto di serie C, ma un che di positivo ce l’ha. Certo, i valori di produzione sono al minimo sindacale, il gameplay è quasi inesistente e in generale il tutto sta a malapena in piedi... ma in fondo l’ottimismo è il profumo della vita, e a ben guardare forse non è tutto stallatico quello che ci si ritrova tra le mani.

In verità suddetto gioco è rimasto a prendere la polvere per qualche anno assieme agli altri colleghi per Ps2. Non ricordo nemmeno quando l'ho preso esattamente, né perché non ci ho giocato subito...
Quello che probabilmente mi ha attratto all'epoca è stata quella sua aria da equivalente videoludico di un film horror di serie z, con le sue scarse pretese e un bel po' di fattore splatter. Del gameplay probabilmente non sapevo niente (chissà dove mai ne ho sentito parlare, non credo che all'epoca vagassi così tanto su internet come adesso...), ma d'altronde sicuramente non ci ho speso più di 10 o 15 euro su eBay.

Immagino che ben pochi al di fuori della sua cerchia di fan sfegatati lo sappiano (non che io faccia parte del suddetto gruppo), ma l’idea alla base di questo gioco viene da monsieur Suda 51 ed è infatti sviluppato da Grasshopper. L’idea che costituisce le fondamenta di Michigan in effetti sarebbe il punto forte di questo misconosciuto titolo, e risulta essere il motivo per il quale non è completamente da cestinare.

Salace satira sul giornalismo moderno o gioco di serie z ?
In un classico scenario horrorifico, con una città deserta immersa nella nebbia e grotteschi mostri che sbucano dal nulla (mancano i crateri per le strade e diventa Silent Hill), vestiamo infatti dei panni inusuali, ovvero quelli di un cameraman di un’emittente televisiva al seguito di una reporter. Questo innanzitutto implica alcune cose: avendo le mani perennemente occupate per tutta la durata del gioco, l’anonimo protagonista non è in grado di fare assolutamente nulla da solo, manco aprire una porta, figuriamoci difendersi.