Un incoerente e claudicante vagabondaggio in un backlog che spazia dall’alba dei tempi (Mediavox Odyssey o giù di lì) all’altroieri, con un individuo alla scoperta del retrogaming tra grandi classici che avrebbe dovuto conoscere da anni ed escrementi videoludici che sotto il fetore magari nascondono qualcosa di buono...

Tra l’irrefrenabile voglia di riempire librerie su librerie di vecchi pezzi di plastica (vade retro digital delivery, vade retro emulazione) e pellegrinaggi in polverosi mercatini dell’antiquariato in cerca del Santo Graal, o accontentandosi magari di un Tombi a 10 euro...

giovedì 28 marzo 2013

Michigan: Report from Hell (Playstation 2, 2004)

ovvero: Cloverfield incontra Pirandello


Mi pare cosa buona e giusta iniziare proprio con un kusoge, ovvero uno shitty game, ovvero il classico jeu de merde
Ma no, vabbè, non è poi così orrendo, o meglio, sì, è senza dubbio un prodotto di serie C, ma un che di positivo ce l’ha. Certo, i valori di produzione sono al minimo sindacale, il gameplay è quasi inesistente e in generale il tutto sta a malapena in piedi... ma in fondo l’ottimismo è il profumo della vita, e a ben guardare forse non è tutto stallatico quello che ci si ritrova tra le mani.

In verità suddetto gioco è rimasto a prendere la polvere per qualche anno assieme agli altri colleghi per Ps2. Non ricordo nemmeno quando l'ho preso esattamente, né perché non ci ho giocato subito...
Quello che probabilmente mi ha attratto all'epoca è stata quella sua aria da equivalente videoludico di un film horror di serie z, con le sue scarse pretese e un bel po' di fattore splatter. Del gameplay probabilmente non sapevo niente (chissà dove mai ne ho sentito parlare, non credo che all'epoca vagassi così tanto su internet come adesso...), ma d'altronde sicuramente non ci ho speso più di 10 o 15 euro su eBay.

Immagino che ben pochi al di fuori della sua cerchia di fan sfegatati lo sappiano (non che io faccia parte del suddetto gruppo), ma l’idea alla base di questo gioco viene da monsieur Suda 51 ed è infatti sviluppato da Grasshopper. L’idea che costituisce le fondamenta di Michigan in effetti sarebbe il punto forte di questo misconosciuto titolo, e risulta essere il motivo per il quale non è completamente da cestinare.

Salace satira sul giornalismo moderno o gioco di serie z ?
In un classico scenario horrorifico, con una città deserta immersa nella nebbia e grotteschi mostri che sbucano dal nulla (mancano i crateri per le strade e diventa Silent Hill), vestiamo infatti dei panni inusuali, ovvero quelli di un cameraman di un’emittente televisiva al seguito di una reporter. Questo innanzitutto implica alcune cose: avendo le mani perennemente occupate per tutta la durata del gioco, l’anonimo protagonista non è in grado di fare assolutamente nulla da solo, manco aprire una porta, figuriamoci difendersi.



Da qui viene spontanea una precisazione: noto che su Internet viene etichettato come survival horror, ma ad essere pignoli di survival c’è molto poco, si può morire giusto in un paio di punti per tutta la durata del gioco. Giocandolo, invece, mi è parso più naturale l'accostamento ad un altro genere, quello delle care avventure punta e clicca. Già, perchè di azione vera e propria ce n'è ben poca, e la cosa principale da fare, oltre a seguire la reporter di turno e riprenderla mentre parla o dialoga, è segnalarle gli oggetti con cui interagire, sia una chiave, un interruttore, o semplicemente la maniglia di una porta, puntando la telecamera e premendo X in corrispondenza degli oggetti con cui si vuole interagire.
Questa sostanziale mancanza di libertà è già come prima cosa un elemento straniante; si può girare liberamente per i d’altronde piccoli ambienti di ciascun livello, ma da soli non si combina nulla, e se la reporter non si è posizionata sua sponte al fianco di una porta non possiamo aprircela da soli.
Tutto ciò mette il gioco in una dimensione piuttosto guidata, ma allo stesso tempo risulta essere un’esperienza radicalmente diversa, in quanto non si controlla il vero protagonista, ma si è alle “dipendenze” degli NPC.

Darle una mano o riprendere mentre precipita? Ah, i dilemmi morali
È la reporter in definitiva ad avere l’ultima parola, a decidere dove andare, a instaurare dialoghi e proseguire con la (risicata) trama, ed è sempre lei ad agire nelle sequenze di “azione” armata di una pistola. In questi ultimi casi il nostro compito è quello di puntare al nemico con la nostra fida telecamera e premere X per “taggarlo” in modo che la reporter gli spari.
Il tutto si traduce come un interessante (beh, dipende dai punti di vista) meccanica di azione per interposta persona: in ultima analisi la reporter risponde ai nostri comandi, ma non si tratta del rapporto diretto che sussiste con un normale protagonista, qui abbiamo il giocatore che controlla il cameraman che a sua volta “controlla” la reporter. 
Wow, si va quasi nel meta-videoludico alla Kojima... meglio chiudere qui la parentesi.
 
la-li-lu-le-lo

Se il fatto di essere alle dipendenze della tizia col microfono può creare qualche frustrazione, a dirla tutta una valvola di sfogo c’è. In quasi tutti i livelli è possibile “uccidere” la reporter semplicemente evitando di avvertirla del pericolo, non taggandole i nemici a cui sparare o non essendo pronti a spingerla via in caso di attacco. La peculiarità del gioco è che non si viene puniti in modo convenzionale per tutto questo, anzi, invece di ricominciare dal precedente salvataggio/checkpoint, il gioco invece ti proietta in avanti!


Il sadismo ha prevalso, e la gentil pulzella sta venendo divorata da... beh, "qualcosa"
Se una delle reporter, sia per aver prestato poca attenzione alla situazione oppure per sadismo da parte del giocatore, tira le cuoia, il gioco procede con una nuova ragazza, spesso facendo saltare alcuni livelli in modo da approdare al punto in cui si incontra la nuova compagna.
Se per qualche motivo uno avrebbe voglia di finire il gioco più in fretta possibile (e per cosa poi? Per vedere due secondi di finale? Per potersi vantare dicendo “ho finito Michigan: Report from hell”?) basterebbe uccidere il più in fretta possibile ognuna delle reporter, giungendo così ai titoli di coda in 30-40 minuti.


Nonostante una premessa tutto sommato interessante, come detto in apertura però, il gioco lascia parecchio a desiderare. La grafica è scarna, i dialoghi sono perlopiù ridicoli (e anche doppiati male), le animazioni sono inguardabili anche per l’epoca, la trama è banale.

Diciamocelo, questo è un gioco che punta tutto sulla possibilità di agire entro una sorta di macabro voyeurismo, mettendo davanti al giocatore una scelta morale precisa: se c’è qualcuno in pericolo di vita si preferirà salvarlo oppure soddisfare il lato “malato” della nostra curiosità riprendendo invece la scena in cui il malcapitato (o più spesso la malcapitata) viene sbranata/o sotto i nostri occhi?

Uno dei rarissimi casi
La cosa triste però è che neanche nell’aspetto splatter il gioco riesce a convincere. Un equivalente videoludico di un film di serie z con tanto sangue e tantissimo cattivo gusto mi sarebbe andato benissimo, ma in Michigan, nonostante in madre patria si sia beccato il gradino più alto della certificazione dell’età, il colore rosso si vede ben poco. Già di per sé le animazioni come detto sopra sono ridicole, e se in più quando una persona viene divorata gli sviluppatori non si degnano di mostrare (tranne rari casi) un singolo pixel di sangue siamo proprio messi male...


Altra peculiarità del gameplay è quella dell'accumulazione del punteggio, diviso in 3 distinte categorie: immoralità (filmando le scene cruente invece di aiutare il prossimo), tensione (semplicemente inquadrando gli altri personaggi che parlano) ed erotismo (ovviamente, puntando già di suo ad essere una trashata made in Japan al gioco non poteva mancare la classica vena “hentai”, messo tra virgolette perché in fondo si tratta solamente di un qualcosa all’acqua di rose). Alla fine del gioco l’idea sarebbe quella di avere tre finali diversi a seconda della maggioranza dei punti, peccato però che in fin dei conti si tratti solo di leggerissime variazioni, giusto 4 o 5 secondi, e parliamo di un finale comunque già insulso e sconclusionato in ogni caso.

Volete raggiungere il finale "da pervertito"? Continuate a fare così per tutto il gioco
Per quanto anche questo potesse essere uno spunto interessante, si rivela in definitiva un’altra vaccata vista la disastrosa esecuzione. I punti tensione si accumulano come niente, basta seguire la storia e non voltarsi dall’altra parte quando succede qualcosa, ma altrettanto non si può dire per gli altri. Di momenti “erotici” non c’è praticamente niente per tutto il gioco (in un punto si può entrare furtivamente nel bagno mentre una tizia si fa la doccia, ma per il resto vuoto assoluto), quindi la “soluzione” sarebbe quella di stare costantemente ad inquadrare il posteriore della reporter o, se ha una gonna, abbassarsi e tentare di sbirciarle sotto... . Magari può risultare divertente per qualche secondo, certo, ma passare tutto il gioco così? *facepalm*

Per quanto riguarda i punti immorali infine, certo è possibile ottenerli nei casi in cui qualcuno è in pericolo di vita, ma anche in questo caso non sono poi molti e l’alternativa prevista dai programmatori è quella di usare l’unico pulsante di “azione”, ovvero quello corrispondente ad una patetica ed inutile spinta (o calcio, boh, non che dall’animazione si riesca ovviamente a capire qualcosa). È possibile spingere la reporter o il tecnico del suono e farli finire a terra, e fin qui ha senso, ma il gioco ti ricompensa con punti immorali anche se prendi a calci il muro, quindi il modo migliore per ottenere il finale "immorale" è passare tutto il tempo a sbattere contro le pareti. Davvero.

Però in effetti, come ci ricorda Bando Ciancia, anche i muri hanno dei sentimenti
 

In conclusione: Michigan senza dubbio non entrerà nell’olimpo videoludico, nemmeno corrompendo il portinaio, e il videogiocatore medio non lo dovrebbe toccare nemmeno con un bastone
Detto questo, si tratta certamente di un’esperienza particolare, e siccome il sottoscritto è in cerca proprio di questo genere di cose (da affiancare ovviamente a qualche gioco più decente), non mi pento del tempo passato con Michigan (che d’altronde non è stato nemmeno tanto). Quella tipica aria da gioco jappo ultra-budget c'è tutta, il che ha un suo fascino (forse "perverso" come Michigan stesso, ma sempre un suo fascino).
Certo, è forte la sensazione di trovarsi di fronte ad un’occasione sprecata molto malamente: l’idea era buona e l’atmosfera (cosa per me molto importante) ci sarebbe tutta (condita da qualche momento di tensione), peccato che non venga sfruttata.
Qualche anno fa il caro Suda, probabilmente conscio della qualità finale del prodotto su cui in parte ci ha messo la faccia, ha espresso il desiderio di fare prima o poi un remake o un seguito. Personalmente dubito che lo vedremo mai, ma sarei molto contento di sbagliarmi. Ambientato in un bel open world invece che in minuscoli livelli, con un gameplay un po’ più dinamico e diversi aggiustamenti al sistema morale e del punteggio verrebbe fuori qualcosa di mio gran gradimento.


 Ah sì, che c’entra Pirandello? Beh, mentre giocavo mi è tornata in mente una lettura di qualche anno fa, i Quaderni di Serafino Gubbio, operatore, sia per il mestiere del protagonista, sia per la scena finale in cui (spoiler spoiler) egli meccanicamente continua a riprendere mentre uno degli attori uccide veramente l’altra per poi finire entrambi sbranati da una tigre.
Certo, ora non mi metto di sicuro a discutere sul significato del romanzo e sulla visione pirandelliana dell’esistenza (specie in un post su Michigan: Report from Hell), ma una bella citazione letteraria buttata in mezzo fa sempre una buona impressione (ed essendo lo scrivente un neo dottore magistrale in Lettere magari gli fa credere che gli ultimi 5 anni sono almeno serviti a qualcosa).

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